Amici del Sermig di Mori

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RITORNO E PARTENZE

13 gennaio 2023 RITORNO E PARTENZE Dopo alcuni anni in cui i campi giovani all’Arsenale della Pace erano aperti a un ristretto numero di persone, da queste vacanze di Natale le porte si sono riaperte a grandi numeri, e noi quindi, siamo scesi con alcuni giovani. Abbiamo vissuto un campo giovani di quattro giorni, cercando di vivere il più possibile le opportunità che l’Arsenale ci dava, dividendo la giornata tra laboratori e servizi. Nei servizi abbiamo imparato a prenderci cura gli uni degli altri attraverso gesti, anche piccoli. Nei laboratori abbiamo ascoltato testimonianze e vissuto incontri, tra cui la storia di Andrea che, quando ha conosciuto il Sermig a 16 anni, ha capito di volersi mettere al servizio degli altri. Ha iniziato a farlo nel suo paese in Emilia-Romagna, poi la vita lo ha portato a vivere e dare la propria vita proprio a Torino. Ci ha ricordato, così, che i nostri progetti possono essere a volte diversi da quelli che Dio ha per noi, e la chiave sta nel far sì che il sogno di Dio entri nella nostra vita, facendolo nostro. Abbiamo incontrato anche Ernesto, porgendo domande e ascoltando risposte sulla storia dell’Arsenale. Chi di noi segue da tempo questa storia, molte risposte di Ernesto le conosce già, tuttavia ogni incontro fa scoprire dettagli e sfumature che prima non avevamo notato. L’ultima sera abbiamo potuto raccontare la nostra esperienza nella catena di aiuti per l’Ucraina attivata nello scorso marzo, insieme a Marco e agli amici di Camisano Vicentino e Bonate (Bergamo). Quella sera ci ha aiutato a ricordarci di fidarci della provvidenza perché ogni piccolo gesto diventa importante per cambiare rotta e spostare il nostro sguardo dal male, senza dimenticarlo, e puntare verso il bene assieme a tante persone che ci credono con noi e che sono disposte a dare una mano. Durante questi giorni abbiamo avuto anche l’opportunità di essere in presenza all’incontro di preghiera del martedì, incontro nato nei primi anni del Sermig e che continua tuttora, dove abbiamo capito concretamente cos’è la fedeltà a un impegno, in cui indipendentemente dal giorno o dai vissuti, la presenza costante della preghiera è la chiave per vivere a pieno la vita. Abbiamo sperimentato come è importante nella giornata e nella settimana un incontro per fermarci a pensare e meditare sulla Parola di Dio, cuore di questa casa. Prima di lasciare l’Arsenale ci siamo riuniti insieme agli altri gruppi che camminano con il Sermig per rivederci tutti insieme e capire dove vogliamo andare, chiedendo consigli a Ernesto che sappiamo avere uno sguardo lungimirante. Abbiamo chiesto cosa vede nei nostri gruppi e ci ha detto che dobbiamo seguire il loro esempio: mettere i giovani al primo posto senza aver paura di dare responsabilità, usare i propri talenti per formare gli altri e dire solo le cose in cui si crede. Dobbiamo ricordarci che se vogliamo possiamo fare grandi cose se camminiamo insieme. Alla fine di questo campo siamo tornati a casa imparando a rispettare i tempi di ognuno, ricordando che sono pochi i problemi ai quali non c’è rimedio e riconoscendo che l’amore non è voler cambiare l’altro secondo i miei desideri, ma è camminare e crescere insieme.

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UN SOGNO CONDIVISO CHE HA TROVATO CASA

28 ottobre 2022 UN SOGNO CONDIVISO CHE HA TROVATO CASA “Dopo la prima trasferta in Arsenale ci siamo ritrovati proprio in questa chiesa e da qui siamo partiti”. È con questa frase che Luisa conclude la narrazione della storia del gruppo Amici Sermig Vicenza. Una storia che da un anno ha trovato casa: al gruppo è stata infatti affidata la canonica di Camisano Vicentino per farne un luogo di incontro, giovani e adulti insieme e un luogo di bene.  Sabato 22 ottobre questa casa è stata inaugurata alla presenza di amici, di conoscenti, di Ernesto e di alcuni rappresentanti della Fraternità del Sermig: anche noi abbiamo voluto vivere insieme ai nostri amici di Vicenza l’emozione di quel giorno. In una chiesa gremita di gente Ernesto, prima dell’inaugurazione della canonica, ha risposto alle domande dei giovani, desiderosi di capire come continuare a camminare in questa storia iniziata da tanti anni. Ogni incontro con Ernesto è sempre particolare perché parlando con calma sa dire sempre quello che serve, che sia un ricordo o che sia un consiglio; e così abbiamo imparato ancora una volta che ognuno di noi può iniziare a camminare per realizzare il proprio sogno – ricordandoci che Gesù ha detto: “Voi potete fare cose più grandi di me”- senza montarsi la testa, ma vivendo veramente quello che diciamo. Soprattutto in questo tempo in cui è più facile odiare che voler bene, non bisogna temere di cambiare e di farci domande nonostante siamo giovani e, apparentemente, ancora da maturare. Noi siamo il domani, Ernesto ce lo ricorda sempre. Allora non dobbiamo avere paura di guardarci allo specchio, di guardarci negli occhi e chiederci: io ci credo? Io voglio impegnarmi? Scegliamo quindi di impegnarci per il bene ora dopo ora, settimana dopo settimana, lasciando aperta la porta all’imprevisto, che è il motore che ha dato avvio alla storia dell’Arsenale, ma anche degli altri gruppi Sermig in Italia. Al taglio del nastro, va detto, ci siamo emozionati, perchè anche noi sognamo uno spazio per incontrare e fare del bene. E sogni così, che prendono vita, ci spronano sempre di più a donare la nostra, di vita, a fare tutto il possibile per realizzare ciò che sembra impossibile. Basta un pugno di giovani che non abbiano paura di crederci: in fondo, è la storia dell’Arsenale…che continua a rivivere.

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SENTIRSI A CASA

22 agosto 2022 SENTIRSI A CASA Casa è il luogo dove si vive e Mori è casa nostra, ma casa è anche il posto dove ci sentiamo a nostro agio, amati e protetti e sicuramente l’Arsenale della Pace di Torino lo è.  Lo scorso fine settimana siamo tornati in Arsenale con nuovi amici per condividere alcuni giorni di servizio e condivisione. Durante questi tre giorni abbiamo avuto la possibilità di vivere la casa fuori dai campi, conoscere meglio alcune realtà, come il Villaggio Globale a Cumiana, e capire l’importanza della creatività nelle nostre attività di gruppo. In altre parole, siamo stati noi a fare da satellite alla Fraternità che vive in Arsenale, a metterci a servizio della casa, sfruttando meglio i momenti a nostra disposizione per vivere più profondamente questi giorni. Ogni volta che scendiamo, proponiamo agli amici che hanno conosciuto il Sermig attraverso i nostri occhi, di scoprire sperimentare in prima persona questa realtà che da tempo cerchiamo di vivere nella nostra comunità. Questa volta abbiamo portato con noi due amici e il piccolo Giona: con loro abbiamo ripercorso la nascita del Sermig e degli Arsenali ed è stato un modo per ricordarci quanto la fiducia in Dio e la voglia di fare siano la chiave per fare cose grandi. Sabato abbiamo riscoperto il valore della creatività conoscendo un importante progetto del Sermig: Nel pomeriggio siamo stati al Villaggio Globale di Cumiana e abbiamo conosciuto meglio il gruppo Re.Te. (Restituzione Tecnologica) e le numerose iniziative volte a sostenere le popolazioni in difficoltà in tanti paesi del mondo. L’obiettivo del progetto è quello di aiutare le comunità a rispondere ai propri bisogni, trovando soluzioni creative e tecnologiche che permettano loro di essere membri attivi all’interno della loro società e fare in modo che nel tempo imparino a gestire in autonomia il frutto di questi progetti. Abbiamo ritrovato questa creatività anche la sera nella testimonianza di Marco Vitale che ci ha raccontato della sua esperienza nell’Arsenale della Speranza a San Paolo in Brasile con gli uomini di strada accolti e di come si sta muovendo nella realtà della parrocchia di San Gioacchino, a pochi passi dall’Arsenale della Pace, per costruire un ponte che faccia incontrare le persone che vivono nel quartiere. In entrambe le realtà il Sermig sta cercando di sfruttare o creare delle opportunità per favorire l’incontro tra mondi apparentemente distanti e con quasi niente in comune. Abbiamo concluso questi tre giorni a Torino incontrando Ernesto. Questo confronto ci ha aiutati come gruppo a definire meglio la strada che vogliamo percorrere all’interno della nostra comunità: muoverci senza pretese, seguendo lo stesso spirito di restituzione e di affidamento al Vangelo che da sempre si respira laddove c’è Sermig.

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SEGNI DI SPERANZA

21 giugno 2019 SEGNI DI SPERANZA “È tempo di fare barriera con la mia vita a questo odio, perché la pace trovi la strada e si faccia strada in questo mondo”. Brividi di emozione . È passato esattamente un mese dal Sesto Appuntamento dei Giovani della Pace, eppure riascoltando questo passaggio, dal brano “Per chi non ha voce” del Laboratorio del Suono, ci sembra di essere ancora in mezzo alla piazza di Bergamo, gremita di giovani. Eravamo almeno 20.000 quel giorno, incuranti del tempo che minacciava pioggia, provenienti da città e nazioni diverse, carichi di speranza, voglia di ascoltare, entusiasmo. Probabilmente ad ognuno di noi nelle settimane precedenti è stato chiesto, da amici e parenti, “Cosa vai a fare a Bergamo quel sabato?”. Non sempre è stato facile spiegarsi: “Non vado a fare una manifestazione, non vado a fare casino, non vado a sventolare una bandiera. Vado ad ascoltare le storie di chi sta provando a cambiare il mondo con la sua vita, vado a dare un segno di speranza, vado a incontrare giovani che come me vogliono impegnarsi per il bene”. Nei mesi precedenti lo abbiamo spiegato anche a tanti gruppi giovani della nostra regione, alcuni dei quali erano già stati con noi a Padova, che si sono messi in gioco per riflettere sul tema dell’Appuntamento: “Basta guerre, facciamo la pace!” . Molti si sono lasciati coinvolgere e, così, dal Trentino quel sabato sono partiti tre pullman. Al mattino abbiamo partecipato ai “dialoghi in città”, incontri con testimoni che, in vari ambiti, hanno scelto la via del bene, mentre nel pomeriggio ci siamo riuniti in piazza per regalare alla città -e al mondo- un messaggio di pace e di impegno, attraverso la musica, le storie di chi ha vissuto sulla propria pelle le atrocità della guerra, le parole di giovani ed adulti pronti a mettersi in gioco. Senza puntare il dito contro nessuno se non contro se stessi: io nella mia quotidianità come faccio barriera all’odio che dilaga? È passato un mese da quell’appuntamento. Le guerre esistono ancora e la gente muore ancora per mille atrocità. Che senso ha avuto trovarsi? I brividi di emozione prima o poi passano. Una ragazza che ha partecipato alla giornata, però, ci ha scritto questo: “ Mi è rimasto impresso il racconto di Franco Leoni, l’anziano sopravvissuto alla strage di Marzabotto, che ha perso tutto ciò che aveva ma che nonostante questo è riuscito a perdonare. Mi ha fatto pensare che a volte l’unica soluzione è lasciar andare il passato, per vivere un presente che un giorno vorrai ricordare senza malinconia o rammarico. È questo quello che voglio: poter raccontare un giorno di una vita vissuta a pieno, voglio rischiare, voglio crearmi una vita che abbia senso” . Pensiamo che queste non siano emozioni che prima o poi passano. Sono semi, che sabato 11 maggio ognuno di noi ha piantato dentro di sé, impegnandosi in cuor suo a diventare terreno fertile in grado di farli crescere. Sono sogni, motore delle piccole e grandi cose belle della vita. Sono speranze, che nascono dal confronto con gli altri e che, se lo vogliamo, diventano contagiose. E così l’Appuntamento dei giovani della pace continua nella vita di ognuno, nelle “piazze” che quotidianamente frequentiamo: università, oratorio, famiglia, lavoro e tutti i contesti in cui, spesso senza tante parole, diventiamo segni di speranza. L’Appuntamento dei giovani della pace continua a rivivere in noi quando pensiamo a ciò che di straordinario abbiamo vissuto quel giorno, a partire dal nubifragio che ci ha risparmiati per tutto il pomeriggio e che si è abbattuto sulla piazza esattamente un paio di minuti dopo i saluti finali, dono dal cielo che ci ha regalato stupore e gratitudine. L’Appuntamento dei giovani della pace continua nel nostro gruppo, a Mori, tutte le volte in cui ci incontriamo per crescere insieme, in cui ci sforziamo di accoglierci anche con i nostri limiti, in cui cerchiamo nuove strade per fare bene il bene nella nostra cittadina. Perché la pace trovi la strada e si faccia strada in questo mondo.

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ARSENALE DELL’ARMONIA, DOVE I SOGNI SONO PIU’ VELOCI DELLA REALTA’

novembre 2017 ARSENALE DELL’ARMONIA, DOVE I SOGNI SONO PIU’ VELOCI DELLA REALTA’ Ci sono alcune giornate in cui ti dimentichi che cosa sia la stanchezza, in cui ogni momento, ogni persona, ogni gesto con cui ti esprimi sono accompagnati in modo del tutto naturale dallo stupore e dalla gratuità. Una di queste giornate è stata per noi il 7 novembre 2017: siamo andati e tornati da Torino in giornata perché in questo giorno è stato inaugurato l’Arsenale dell’Armonia dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Eravamo stati avvisati di questo incontro solo poche settimane prima ma, nonostante mancasse poco alla data, abbiamo detto subito di sì: volevamo accompagnare il Sermig e tutta la fraternità in questo passo perché sapevamo quanto questo incontro fosse importante nella loro e nostra storia. Abbiamo condiviso il viaggio in macchina verso Torino con gli amici del Sermig di Padova: è stato bellissimo ri-incontrarsi con loro, condividere l’emozione di incontrare il Presidente, gioire del traguardo/partenza raggiunto dal Sermig e pregare insieme per questo incontro. Siamo arrivati all’Eremo un paio di ore prima dell’arrivo del Presidente. Il clima era sereno e rilassato ed è proprio questo che inizialmente ci ha stupito: di fronte ad un avvenimento così importante, così sentito anche dai media e dai giornali, sarebbe molto più semplice agitarsi, preoccuparsi, innervosirsi. Il 7 novembre è stata la dimostrazione che la preghiera fa la sua parte, la sua grande parte e che il bene va fatto bene non solo nella pratica, ma anche emotivamente e nello spirito. Il Sermig ci ha insegnato che per incontrare il Presidente della Repubblica bisogna pensare che si stia incontrando un operaio, o un avvocato, o il Papa: questo non per screditare il ruolo delle persone, ma per incontrare il cuore di chi ho davanti e non il vestito elegante, i sogni e non lo stipendio, l’animo e non il potere. Con questo spirito ci siamo preparati all’incontro e fin da subito ci siamo messi a servizio della fraternità: abbiamo accolto le persone che arrivavano e le abbiamo accompagnate al posto assegnato loro, abbiamo sistemato i locali e chiacchierato con gli ospiti. In questo modo siamo potuti essere partecipi di questa giornata e siamo stati una mano, un sorriso, una parola scambiata per chi arrivava. Nella prima parte dell’incontro Ernesto ha presentato la storia dell’Eremo e di come è arrivato nelle loro mani: una storia di grazia, di provvidenza e gratitudine che merita di essere conosciuta. Ha raccontato i sogni che in quella casa cercano di essere realizzati e che in parte sono già stati realizzati: oggi l’Arsenale dell’Armonia accoglie bambini malati da paesi extraeuropei, i quali vengono a Torino per ricevere cure che nel loro paese non hanno. Al Sermig trovano l’amore e l’affetto di cui ogni persona, in malattia e in salute, ha bisogno e la testimonianza di Giuguldu dal Kirghizistan ha emozionato i presenti: “prima di arrivare qui, non sapevo cosa volesse dire ti voglio bene. Ora lo so, l’ho sentito ripetere tante volte. (…) Ho un sogno: vorrei fare un Sermig nel mio paese, in montagna, dove ospitare tanti giovani che si perdono nella droga e nell’alcool. Vorrei aiutarli e farli vedere le cose belle della vita.” Per loro e per altri ragazzi di Torino diversamente abili sono stati allestiti dei laboratori in cui potranno scoprire l’arte di fare dolci, la bellezza di curare e lavorare i frutti della terra e la soddisfazione di sfornare il pane fatto con le proprie mani. Questa realtà infatti vuole essere la prova concreta di quanto ognuno di noi, in qualsiasi situazione si trovi, ha la possibilità di ricevere e, soprattutto, di dare: a volte possiamo sentirci le persone più inutili del mondo, ma davanti ai Suoi occhi e con uno sguardo aperto possiamo accorgerci di quanto bene ancora possiamo fare. Elisabetta, una giovane della Fraternità del Sermig che da un anno vive all’Arsenale dell’Armonia, ha detto: “il nostro sogno è quello che i tanti amici, i tanti volontari e giovani che arriveranno qui possano sentirsi in un luogo aperto, accogliente, dove ognuno può restituire le proprie capacità e insieme possiamo crescere nel dialogo e nelle relazioni buone. Sappiamo che questa è una sfida […] però la vogliamo affrontare per crescere nella comunità e per cambiare un po’ il mondo che ci circonda. In un tempo in cui tanti si dividono, noi vorremo trovare ciò che ci unisce e lavorare per farlo crescere.” Successivamente ha parlato il Presidente Sergio Mattarella e si è complimentato con il Sermig per la bontà che diffonde e che diventa pratica quotidiana per le persone che incontra. Ha aggiunto che “le idee e i sogni al Sermig sono più veloci della realtà”: il sogno della contessa Margherita era che nell’Eremo di Pecetto Torinese sorgesse un’attività per i giovani e oggi c’è, si è realizzata grazie alla costanza e all’aiuto dato da centinaia di migliaia di persone, di giovani e adulti che hanno scelto di aiutare ad aiutare, di aprire il proprio sguardo al bisogno dell’altro, gratuitamente. L’incontro si è concluso con il brano “L’amore in testa”, scritto da Ernesto e Mauro Tabasso: con questa canzone, Ernesto e la fraternità del Sermig hanno voluto ricordare a tutte le persone presenti come tutto parte sempre dall’Amore che Lui ci ha dato, che non importa il come, il dove, se abbiamo l’Amore in testa. Da qui possiamo tutti iniziare a sognare e fare grandi cose. Nonostante fossimo partiti molto presto quella mattina, dopo l’incontro eravamo ancora più carichi e pieni di energie, di gioia per quanto avevamo potuto vedere e sentire, di sogni e sorrisi per le parole che erano state dette quel pomeriggio: ci hanno aiutato a riscoprire ancora una volta il nostro valore di essere gruppo all’interno della fraternità e questo ci ha riscaldato dentro. Per qualcuno di noi quest’incontro è stato più profondo e importante perché ha potuto vedere la trasformazione dell’Eremo da rudere a casa di accoglienza; un cammino lungo molti anni, l’idea che quello fosse un po’ il “nostro Arsenale” a cui ridare vita

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UN MOSAICO MERAVIGLIOSO

ottobre 2017 UN MOSAICO MERAVIGLIOSO Tante sono le differenze che separano la routine del nostro gruppo dall’Arsenale dell’Incontro di Madaba. Quotidianità con colori, profumi, suoni, volti diversi che, se proviamo a mettere insieme, formano un meraviglioso mosaico. Questo mosaico ci aiuta a vedere meglio la bellezza di questa esperienza, i momenti vissuti individualmente ci hanno fatto percepire il legame sempre più forte tra noi e con il Sermig. Questa composizione, però, non è nata dal nulla; nei dieci giorni in cui siamo stati al Beitiliqa, avevamo già uno schizzo dell’opera, il materiale necessario per costruirla e una base certa a fare da cornice. Siamo partiti portando questi strumenti con noi, senza ben sapere cosa ne avremmo fatto o che disegno sarebbe uscito. Poi, una volta tornati, ci siamo accorti che gli strumenti usati per creare questo mosaico sono il frutto del costante impegno messo nel percorso di gruppo Sermig. Proprio perché ogni particolare, ogni tassello di questo mosaico sono parte di un’esperienza, un percorso lungo alcuni anni, prima di vedere il disegno completo vogliamo fermarci ad ammirare i piccoli passi che lo compongono. Il primo tassello di questa esperienza è stato la condivisione di un sogno, un sogno che ha messo forti radici e ci ha trasmesso coraggio, gioia e fiducia in quello che avremmo potuto fare insieme all’Arsenale dell’Incontro. Senza la coesione del gruppo sarebbe stato molto più difficile affrontare la paura e tutto ciò che ostacolava questo viaggio. Per questo la preparazione in vista di questa esperienza non è stata scontata e tantomeno banale: l’orizzonte che ci attendeva era vasto e sconosciuto negli aspetti pratici come la lingua e la cultura. All’inizio ci sembrava quasi che questo sogno fosse troppo grande per noi, ad ogni passo fatto l’orizzonte si spostava di un altro passo, ma poi ci siamo accorti di una cosa importante: questo sogno ci ha insegnato a fidarci e a camminare con più grinta. La regola della fraternità, tassello fondamentale del mosaico, ci ha guidati nelle difficoltà, ma soprattutto ci ha fatti sentire in comunione con la realtà incontrata in Giordania: la comunanza di spirito, di stile e di vita sono le fondamenta di una famiglia in cui ci si può davvero sentire accolti. Le ragazze della fraternità, infatti, ci hanno accolto rassicurandoci e facendoci sentire sicuri sui nostri passi, sono state un chiaro punto di riferimento in cui abbiamo riposto la nostra fiducia, ci hanno offerto molti spunti su cui confrontarci. I tasselli che hanno fatto da sfondo, permettendo quindi di delineare l’immagine del mosaico, sono stati i momenti di preghiera vissuti assieme alla Fraternità della Speranza, nei quali ci siamo sentiti in prima persona testimoni della Spiritualità della Presenza che anima lo spirito del Sermig. Senza dubbio la proposta di Ernesto di vivere questa esperienza semplicemente da cristiani ci ha permesso di superare i momenti di difficoltà che si vivono quotidianamente in una famiglia, la fatica della convivenza non ha ostacolato la nascita di un clima di Fraternità. Infine, i tasselli che formano il disegno del nostro mosaico sono stati i momenti quotidiani, che raramente cogliamo nella routine delle attività del nostro gruppo. Proprio durante la preparazione dei pasti, il lavaggio dei piatti e le pulizie ordinarie è emersa la responsabilità che deriva dall’essere parte di una famiglia. In questi momenti abbiamo riscoperto quanto sia importante condividere la semplicità e la bellezza delle attività quotidiane. Sono state proprio le differenze nella routine che caratterizza la nostra quotidianità di gruppo a farci riscoprire famiglia. È grazie a queste differenze che sentiamo il Beitiliqa casa nostra, dopo averle vissute in prima persona siamo certi che: “Non sono le rivendicazioni a fare incontrare gli uomini, ma è la bontà che ci rende ricercatori di giustizia, persone solidali. I buoni non sono mai stranieri in nessuna parte del mondo, non sono estranei a nulla e a nessuno.”

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MAI COME OGGI

23  maggio 2017 MAI COME OGGI Sabato 13 maggio, ore 6:00. Partenza della prima macchina da Mori, destinazione: Prato della Valle. Nonostante sia presto il sonno non riesce ad avere la meglio, il nostro cuore è già a Padova e noi pieni di trepidazione cerchiamo di raggiungerlo. La nostra testa inizia ad affollarsi di emozioni, pensieri, musica che ci fanno capire che questo può essere davvero il giorno più importante della nostra vita. Arrivati finalmente in Prato della Valle i pensieri e le parole lasciano spazio alla commozione: siamo davvero arrivati qua a piedi, insieme alle centinaia e centinaia di giovani incontrati in questi mesi. Non riusciamo a descrivere l’emozione che proviamo pensando ad ogni passo fatto, ad ogni incontro, alla fatica ed alla gioia vissute in questo cammino che ci hanno permesso di arrivare all’ultima tappa di questi 160 km. L’entusiasmo inizia a crescere insieme ai 150 giovani trentini che hanno accolto il nostro invito, arrivati a Padova in tempo per partecipare ai dialoghi in città. In questa giornata parecchi pensieri ed emozioni si sono ripetuti nel nostro cuore, sempre con una sfumatura diversa, nuova. E infatti nel corso della mattina, durante i dialoghi, abbiamo imparato ancora a commuoverci, a sentirci responsabili degli altri, a non avere paura di mostrare le nostre fragilità, a non avere paura di fidarci. Abbiamo imparato che possiamo arrivare lontano, che possiamo fare grandi cose, restando trasparenti e semplici, facendo un passo alla volta. Abbiamo imparato tanto e abbiamo scoperto che abbiamo tanto da imparare, ma soprattutto abbiamo imparato a trasformare l’emozione e l’entusiasmo che per tutta la giornata hanno vissuto in noi in consapevolezza. Consapevolezza che ci ha permesso di vivere questo incontro con più responsabilità verso noi stessi, con più concretezza verso la nostra vita. Abbiamo vissuto questa giornata sentendola nostra, frutto dell’impegno che ci abbiamo messo nel cammino di preparazione, frutto delle domande, delle risposte, dei sì e dei no che abbiamo ricevuto nei mesi scorsi che sono stati per noi occasione di crescita. Abbiamo vissuto questa giornata con la stanchezza sulle spalle del cammino concluso e con la voglia di non fermarci, di continuare questo percorso perché ci crediamo ancora, sempre di più. Abbiamo vissuto questa giornata con la gioia di metterci la faccia, siamo qua per dirci che sogniamo un mondo migliore, che tocca a noi costruirlo. Abbiamo vissuto questa giornata promettendoci di ricordarci ogni giorno che “mai come oggi” ci impegniamo a vivere il Mondiale nella nostra quotidianità. Abbiamo vissuto questa giornata sapendo che “nessuno parte e nessuno arriva”, sentendoci insieme a chi condivide con noi il percorso con il Sermig ed ha vissuto da casa questo incontro. Abbiamo vissuto tanto bene intorno a noi. Abbiamo visto con gli occhi emozionati del Sermig questo sogno condiviso da decine e decine di migliaia di giovani. Abbiamo visto la bellezza dei giovani -che agli occhi del mondo sono poveri, ma indomabili- nel volersi impegnare, nel cercare maestri da cui imparare, nell’essere capaci di fare silenzio per ascoltare il proprio cuore, il mondo che ci parla. Abbiamo visto una cosa meravigliosa: una piazza piena di giovani che si impegnano a ricominciare dall’amore. Perché l’amore esiste e resiste, noi ci crediamo perché l’abbiamo visto. Il 13 maggio a Padova è stata una bella giornata. Non solo perché c’era il sole, la vera luce veniva da noi, da tutti quei giovani che ci hanno messo la faccia, la testa e il cuore per essere li. La bellezza di questa giornata ha reso straordinaria la nostra vita e quella di tutti i giovani che erano li. Perché abbiamo scoperto come la bellezza nasca dalle cose semplici, dal voler lasciare la piazza pulita, che agli occhi di questo mondo che “sa di plastica” diventa una cosa straordinaria. Perché di questa giornata non ne hanno parlato in molti, ma i pochi che ne hanno parlato ne hanno parlato bene. E anche se questo mondo si limita a parlare dell’odio, “mai come oggi” noi vogliamo dimostrare che è possibile ripartire dall’amore. Mai come oggi crediamo che l’amore non sia utopia, ma “un fatto, una scelta per il bene, un sì detto alla vita, alla giustizia e alla pace.”

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ABBIAMO UN SOGNO

settembre 2016 ABBIAMO UN SOGNO Camminare con il Sermig per noi significa fare nostra la mentalità che lo anima, ma soprattutto entrare nella sua storia e condividerne insieme i sogni futuri. Per questo motivo ci siamo sentiti da sempre spinti non solo a conoscere meglio, ma a vivere in prima persona tutto quello che ci viene proposto, spesso nato da un sogno di Ernesto alimentato e concretizzato dalla costante e paziente preghiera.  Da qualche tempo coltiviamo un nostro sogno concreto. Dallo stupore e dall’entusiasmo dei primi momenti vissuti anni fa in Arsenale a Torino, si è accesa in noi una scintilla che ci ha spinto a vedere un po’ più in là del nostro naso: abbiamo capito che è importante aver la forza di sognare e di non sentirci mai arrivati, come Ernesto ci insegna da sempre. Adesso anche noi, come Ernesto più di cinquant’anni fa, non abbiamo una lira…abbiamo un sogno. Un sogno che è parte di un sogno più grande, che il Sermig ha realizzato dieci anni fa: così noi oggi sogniamo di vivere, in una decina di giorni durante quest’estate, il Sermig all’Arsenale dell’Incontro a Madaba, in Giordania. La gioia di sentirci parte di questa storia e di tutti i sogni nati dal Sermig ci mette in gioco e al servizio degli altri per sentire ancora più nostro questo viaggio, questo incontro: ma il nostro metterci in gioco non si limita solo al desiderio ed allo stupore di conoscere una cultura differente, vedere i luoghi della Bibbia e vivere il Sermig in un posto diverso dall’Arsenale della Pace. Abbiamo deciso di partire “…con il desiderio di aiutare, pur con la nostra pochezza, i nuovi amici, con la disponibilità ad essere da loro aiutati, vivendo sempre rapporti di sincerità” come dice la Regola. Andiamo in Giordania perché crediamo che l’incontro fra culture diverse ci possa arricchire, perché sappiamo che stiamo andando nella stessa direzione; andiamo perché vediamo in questa esperienza la possibilità di ripartire. Come ci ricorda l’inno del Mondiale dei Giovani della Pace di Padova, vogliamo “ricominciare da qui”. Sentiamo infatti che la preparazione al Mondiale e all’esperienza che faremo all’Arsenale dell’Incontro fanno parte dello stesso cammino. Vogliamo ricominciare da qui, verso una meta che apparentemente potrebbe essere il luogo più lontano e diverso dal posto dove siamo. Per noi ricominciare significa aprirci all’altro, vedere un’opportunità nella diversità, partire come giovani “poveri ma indomabili, con la compassione nel cuore”. Ricominciamo da qui, perché l’odio non ci fermerà: lo stiamo imparando proprio dalla nostra meta, da quella terra che iniziamo a conoscere meglio e che sentiamo sempre più vicina. È una terra piena di pericoli e circondata da guerre, odio, povertà: questo è il primo pensiero della gente -i nostri genitori in primis – quando nominiamo la Giordania. Noi però sogniamo una terra piena di speranza, ricca di incontri tra religioni e culture differenti, una terra che nonostante il buio attorno vuole essere luce.  Vogliamo vivere l’Arsenale dell’Incontro con lo stupore e la nostalgia di sentirlo casa nostra, come l’Arsenale della Pace. Vogliamo imparare da questa esperienza che davvero è possibile cambiare, nonostante questo implichi fatica e costanza; vogliamo imparare ad aprirci sempre più al diverso, anche se implica un cambiamento da parte nostra per andargli incontro; vogliamo imparare a vedere un’opportunità nell’incontro e a non sentirci mai arrivati, sempre pronti a ricominciare dal posto in cui siamo.

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