
8 febbraio 2024
LA SPERANZA NEGLI OCCHI DEI GIOVANI
Sono passate settimane dal nostro ritorno a casa dopo il campo in Arsenale che abbiamo vissuto poco prima di Capodanno: eravamo quasi una ventina di giovani, alcuni mai stati in Arsenale, di età diverse e con diverse esperienze, ma accomunati dalla voglia di stare insieme e mettersi in gioco in tutto e per tutto. Sono passate settimane e siamo convinti, ancora una volta, che quei giorni non siano solo una parentesi nelle lunghe e già lontane vacanze di Natale, ma un motore che ci spinge in avanti, a continuare a trovarci e a cercare il bene, nella nostra quotidianità lontana da Torino.

In quei giorni abbiamo consolidato certe amicizie e ne abbiamo costruite di nuove, conoscendo ragazzi da tutta Italia, con i quali- noi più grandi lo sappiamo bene- è possibile mantenere legami che vadano oltre al tempo e alla distanza. Anche adesso, allora, ci impegniamo a coltivare le nostre amicizie, senza preoccuparci del giudizio degli altri e cercando di essere se stessi e sentirsi a casa, proprio come in Arsenale.
Ripensiamo ai servizi che abbiamo svolto – smistare vestiti, aiutare nei compiti i ragazzi dell’Arsenale della Piazza o ballare in un quartiere periferico per portare luce nelle vie dello spaccio- e ci rimane la convinzione che ogni volta in cui stai facendo qualcosa per aiutare qualcuno scopri che in quel qualcuno ci sei dentro anche tu. In quei giorni abbiamo condiviso a fine giornata i nostri “cosa ho imparato”, i nostri pensieri, anche le nostre lacrime, soprattutto dopo le ingiustizie che abbiamo sperimentato nella cena dei popoli: vogliamo ricordarci sempre che gli errori ci fanno crescere e che le lacrime non sono un gesto di debolezza, perché danno voce a ciò che abbiamo nel cuore.

Infine, in questo campo di servizio e di formazione, di amicizie e di condivisione, abbiamo partecipato alla marcia della pace per le vie di un quartiere degradato della città di Torino, in cui il Sermig ha ricevuto in gestione una parrocchia: abbiamo capito che la gioia attira ed è contagiosa, perché tante persone si sono affacciate ai balconi con il sorriso stampato sul volto, salutandoci e ringraziandoci per la nostra energia rumorosa. “Ci dicono sempre che i giovani sono sbagliati e nullafacenti” – scrive una delle ragazze di quindici anni che ha partecipato al campo- “ma dopo aver notato quanti sorrisi e quanta speranza sono stati portati sui volti delle persone più bisognose e dei giovani stessi non credo ci sia un’affermazione più sbagliata. Mi è stato insegnato che il fare è poco utile se non ha a che vedere con ciò che siamo e mi sembra proprio che il Sermig mi aiuti a capire chi sono e cosa posso fare con le mie capacità”
Sono passate settimane, ma questo continua ad essere il frutto più bello di questo campo: la voglia di scoprire chi siamo e di mettere in gioco le nostre capacità. Per questo continuiamo a credere in queste esperienze. Per questo continuiamo a credere nei giovani.